E' un po' che non posto degli stralci, oggi voglio dar spazio ad un personaggio minore,che avrà molta più 'visibilità' nel secondo volume di Phoenix, che è in dirittura d'arrivo :-)
STASI
Max Anderson, nome in codice Corvo, fu tirato fuori dalla cella d’acqua dopo una settimana. Un
tremendo fetore investì le guardie carcerarie, che però non reagirono, abituate
allo schifo dell’u-boot. Max era l’ombra di se stesso: barba incolta, occhi
infossati, capelli lunghi, impastati di sporcizia. Aveva un freddo cane ed era
sporco delle sue stesse feci mischiate all’acqua putrida, in cui era immerso
fino alle caviglie.
Lo tennero in piedi, bloccandolo per le braccia ossute, e lo
lavarono con una pompa. Il getto era potentissimo e la pressione lo sbatté
dolorosamente al muro. Finito il trattamento lo trascinarono nella sua vecchia
cella un metro e mezzo per due, con unico arredamento una panca di legno nudo e
un secchio per gli escrementi, lo gettarono a terra e chiusero la porta. Un
povero derelitto che non stava più in piedi, un sacco svuotato di tutto, fors’anche
dell’anima. Appena provò a chiudere gli occhi per riposare batterono il
manganello sul metallo della porta. Lo facevano sempre, non si poteva dormire
più di dieci o quindici minuti di fila. Ormai Max era allo stremo delle forze,
stava iniziando a desiderare la morte, stava persino iniziando a pensare di non
esistere più, di essere già morto e che quello fosse l’inferno. Aveva deciso
che, qualunque cosa gli fosse capitata tra le mani, l’avrebbe usata come arma
per uccidersi.
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