Flusso invadente
Il palazzo non aveva ascensore, Jonas imprecò mettendo a
dura prova il suo corpo, non ancora abituato alle nuove gambe. Il tanfo di
urina non facilitava il compito. Finalmente giunsero al decimo piano, una
folata d’aria fresca lo riscosse, proveniva da un cedimento della facciata dell’edificio.
“Meglio per te che ci sia qualcosa d’interessante qui dentro
o arriverai all’auto volando” commentò Jonas tra i denti, ansimando. Poi tacque, nell’istante esatto in cui
aprirono la porta.
Una donnetta orientale venne ad aprire, si fece subito da
parte senza mai alzare lo sguardo dal pavimento.
Hors andò diretto alla porta in fondo, la aprì e proseguì
ancora scostando una tenda di perline, salirono piccole scale a pioli di legno marcio. Si ritrovarono in una soffitta, una stanzetta ingombra
di macchinari dall’aspetto poco rassicurante. Un giapponese in canotta, con un
impianto oculare vecchio di decenni all’occhio sinistro, lo scrutò. Si soffermò
troppo a lungo sulle sue gambe, Jonas sospettò che quell’impianto malandato
nascondesse trucchetti non approvati dalla legge. Per un attimo pensò di fare
una battuta sul fatto che avrebbe fatto meglio andar a sbirciare sotto vestiti
femminili invece di fare il finocchio con lui, ma decise di tacere. Voleva mantenere le distanze e cercare una via d'uscita.
Hors si sedette su una poltroncina, logora e antica, ancora di quelle rivestite di materiale tessile, presa da qualche cinema
di infima categoria.
“Siediti” gli disse indicandone un’altra simile accanto alla sua.
“Scordatelo!” ringhiò Jonas sentendosi in trappola.
Un attimo dopo sentì il freddo metallo di una pistola sulla
nuca, mentre il puzzo di alcol e sudore di un nuovo arrivato si era
materializzato dal nulla. Riconobbe il sonoro click di una maxy90, probabilmente modificata illegalmente con pezzi di contrabbando. Una di quelle gli avrebbe spappolato il cranio e riversato il cervello addosso a Hors in meno di un secondo. Non che avesse fatto la differenza, quando si è morti si è morti. Ma l'idea lo disgustava.
“Ok, ok, calmo amico!”
Si sedette e subito fu legato con strette cinghie.
“Sei in grossi guai Hors, ti ammazzerò lo sai? Se ne uscirò
vivo ti ammazzerò!” ringhiò.
“procediamo!” disse Hors impassibile.
“Dimmi almeno che diavoleria è!”
“Scambio di ricordi Jonas, solo un aiutino a ricordare”
“Scambio di ricordi? E che ne sai tu di me o del caso che ti
serve”
“Di te so quel che basta fidati, per il caso… spero che i
miei ricordi diano un bel calcio nel culo ai tuoi, che saltino fuori in fretta,
sempre che non ci rimani secco. Promettimi una cosa”
“Io dovrei promettere a te una cosa? Te lo ripeto: sei fuori!”
Srotolò lo schermo di un portable world “non hai una casa
giusto?”
Jonas vide una villa, affacciava sull’oceano e sembrava
molto lussuosa, sotto, un contratto già siglato: quella casa gli apparteneva!
“Se a lasciarci le
penne sarò io voglio che tu continui ad indagare, che cerchi mia figlia”
“Tua figlia è morta!” ribatté.
“Una casa per un’indagine, penso che me lo puoi concedere!”
Silenzio.
“Allora, ho la tua parola?”
“Potrei dirti di sì e poi non farlo”
“Te l’ho detto Jonas, ti conosco meglio di quanto credi e so
che la tua parola vale”
Silenzio.
Infine Jonas esplose “ok, hai la mia parola!”
Hors annuì e l’orientale si avvicinò, rasò una piccola zona
di cranio e infilò un ago
“aaah “ gridò Jonas “ringrazia dio che sono legato babbuino!”
l’uomo non reagì, infilò l’ago nel cuoio capelluto di Hors, poi applicò degli
elettrodi alle tempie, sul collo e sul petto di entrambi. Infine iniettò un
prodotto non identificato in endovena. Jonas sentì le palpebre crollare
istantaneamente.
Buio, freddo, nausea,
Jonas non capiva cosa stesse succedendo, poi un flash e delle voci.
“Abbiamo portato il
dessert, i migliori cannoli della città”
Jonas vide subito le
scarpe rosse, lucide, così familiari, così eccitanti. Ma la donna era sfocata.
“Sì, mi ha portato
dall’altro capo della città per fare una fila di mezzora e siamo in ritardo, lo
dicevo io che una torta da Mc Deel sarebbe andata bene lo stesso!”
Un uomo, la sua voce… Jonas
sentì il rumore assordante del proprio cuore che galoppava imbizzarrito, quella
era la sua stessa voce, quello era lui!
“Nathan, non fare il
guastafeste, andiamo a salutare Martha”
La donna si avvicinò a
quell’altro lui ed ora poté vederli bene, il cuore frenò la corsa e perse un
colpo.
Quel lui era vestito come
si vede, si reggeva sulle sue gambe e soprattutto cingeva alla vita una donna
assolutamente deliziosa, avvolta in una abito rosso ciliegia, che lo fissava
con scintillanti occhi scuri, quella donna era la dottoressa Savini!
Sentì i conati di vomito
crescere, cercò di ribellarsi a quelle immagini, la testa sembrava esplodere, Jonas
si sentì pervadere da una forza estranea e infine cedette alla valanga di
ricordi non suoi e non voluti.
Vide Hors che baciava
sua moglie, che festeggiava Natali con la sua bambina, che teneva la mano a
Martha sul letto di ospedale e poi che la spingeva nella poltrona per disabili.
Vide la figlia cresciuta che aiutava la mamma ad usare il programma di
spostamento oggetti a comando cerebrale, vide con quanto stucchevole amore
questa sfortunata famiglia continuava ad andare avanti e poi vide quel che non
avrebbe mai voluto vedere: la donna malata con il volto contorto da una smorfia
di dolore e la casa trasformata, sudicia e trascurata, bottiglie ovunque e Martha
sporca delle sue stesse feci.
“Noo!” provò a gridare
con tutto il fiato che aveva in gola, come in risposta lo scenario cambiò, gli
sembrò di sentire un mugolio proveniente da lontano, per un attimo pensò a come
dovesse sentirsi quell’uomo a condividere con lui i suoi più intimi ricordi e
quanto doveva costargli.
Ora luce e calore, un
prato fiorito. Vide subito i suoi lunghi capelli castani e si rivide. La
baciava, la baciava sull’erba con passione, una mano ad insinuarsi sotto il
leggero vestito estivo.
“Ehi voi, ci sono i
bambini!” sentì di nuovo la voce di Hors, subito la donna si staccò, con un
sorrisetto imbarazzato:
“Nathan non ha avuto
il permesso per la luna di miele” si giustificò imbarazzata,si sistemò la gonna e gettò un’ultima occhiata piena
di desiderio all’altro fortunato se stesso . Risero e Jonas
inorridì notando le fedi nuove brillare sulle loro mani, sulla sua mano!
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