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sabato 28 febbraio 2015
venerdì 27 febbraio 2015
articolo sul momento di scrivere: scrittori e social....
Scrittori in rete
Eccoci qua, noi neo scrittori, gettati, invischiati, catapultati più o meno attivamente nella rete. Come utilizziamo questo strumento? Quanto è utile e quanto invece dannoso?
Eh sì, oggi mi gira di scrivere un articolo un po’ particolare, nato da mie riflessioni su tutto ciò che circonda il mondo di un aspirante, neo o navigato scrittore.
Partiamo dall’inizio: voglio scrivere un romanzo. Tempo addietro dopo l’idea iniziale (be’, quella ci vuole sempre) me ne andavo in biblioteca, o a fare interviste alla gente o divoravo ogni libro o giornale che trattasse l’argomento. Non troppo diverso da quello che faccio oggi, l’unica differenza è che oggi posso farlo comodamente seduto sul mio divano. E non sto parlando di tempi da dinosauro (non sono così vecchia), di prima che esistesse internet, parlo di pochi anni fa, quando le informazioni in rete erano molto inferiori e le connessioni più lente ( e le tariffe meno vantaggiose!). La quantità d’informazioni in rete oggi è pazzesca, io per il mio Phoenix ho scovato di tutto in rete, comprese le immagini video della prigione della STASI e le riprese in diretta dei monti Appalachi.
Ora, una volta raccolte abbastanza notizie posso iniziare a scrivere, ho la possibilità di consultare innumerevoli guide, per ogni gusto e stile, basta sceglierne una o fare un mix tra quelle che mi sembrano più consone al mio modo di scrivere.
Ma la vera opportunità, a mio avviso, viene dai social.
Voglio esercitarmi? Ricevere giudizi? Ci sono piattaforme di scrittura con contatto e commento del ‘pubblico’, gruppi in cui partecipare ad esercizi collettivi. Ce ne sono di tutti i generi e per tutti i gusti. Si cresce incredibilmente grazie al confronto con gli altri. Ricevere critiche immediate al proprio lavoro innesca un meccanismo di messa in discussione, di ricerca personale e di voglia di migliorare, che fa fare passi da giganti.
Sotto questo aspetto i social sono un arricchimento, una miniera d’oro da sfruttare. Già la possibilità di conoscere gente con le tue stesse passioni e interessi. Parliamoci chiaro, chi di voi è tanto fortunato da poter parlare col suo amico che è venuto a prendere un caffè del problema del POV o dell’INFODUMP? O del dilemma tra self e case editrici a pagamento? Pochi, eh? Invece quanti di voi possono farlo in rete? Quante persone avete potuto conoscere, anche solo virtualmente, che considerate addirittura amici? Io parecchie, e ne sono felicissima.
Parliamo dei gruppi a tema, parlo di gruppi appositi, non solamente amici virtuali con cui scambiare battute o vignette, parlo di luoghi e persone con cui condividere la nostra passione.
Personalmente ho due distinte opinioni riguardo questi gruppi e molto dipende da come sono gestiti: Quelli che trovo aridi, che non mi fanno crescere come persona e come ‘scrittrice’ sono i gruppi di ‘spam’ quelli in cui ognuno arriva, scarica il link e sparisce veloce come un razzo, senza soffermarsi a leggere gli altri, senza presentarsi e interagire. Non so nemmeno quanto funzionino a livello di pubblicità, perché se tutti postano senza leggere, chi è che noterà il nostro link?
Frequento molto poco questi gruppi e quando lo faccio cerco di leggere prima i post degli altri, di commentare, di cercare un contatto con qualcuno, ma devo ammettere che spesso si trovano sempre gli stessi link, sempre delle stesse presone, sempre identici e passa ogni voglia.
Molto spesso questo non è colpa nemmeno degli amministratori dei gruppi, ormai arresi allo spam selvaggio. Anch’io gestisco delle pagine facebook e devo ammettere con amarezza di aver dovuto fare la ‘maestrina’ bacchettona e rimproverare o cancellare post di persone che venivano a scaricare link senza interagire. (per non parlare di materiale non attinente o pornografico)
Il secondo tipo di gruppi on line sono quelli in cui c’è effettivamente uno scambio, parlo dei più seri e ‘professionali’ gruppi di linkedin, in cui ognuno posta una domanda, uno spunto, e ci si confronta ( più o meno civilmente) o i gruppi più alla buona su facebook o google +, in cui si parla un po’ di tutto, ma con prevalenza di tematiche sulla scrittura, in cui ci si confronta e ci si dà consigli di ogni tipo. In questo tipo di gruppo ho trovato molte amicizie, oltre che ottimi consigli e dritte sul mondo dell’editoria e della scrittura. Nel mio preferito per esempio, si spazia dai consigli sull’editing o sulla promozione, ai commenti sulle letture dei libri degli autori del gruppo stesso, con consigli, lodi e anche critiche. Si cerca di aiutarci a vicenda nella giungla in cui ci si è tuffati pubblicando un libro.
Vorrei consigliare ad ogni aspirante scrittore di scegliere e frequentare un gruppo del genere, perché si possono imparare molte più cose in questi luoghi virtuali, che in letture su letture di materiale specifico, che spesso nemmeno si trova per alcune tematiche troppo specifiche o troppo nuove.
Oltre a questo l’intrecciare amicizie, il leggersi a vicenda e commentare, ed anche criticare i propri lavori è qualcosa che non ha prezzo in termini di miglioramento e voglia di mettersi alla prova.
Tirando le somme, credo di poter affermare tranquillamente che la tecnologia, anche nel campo della scrittura abbia permesso a molti una possibilità, che forse non avrebbero avuto. Unico problema derivante è che, come in tutte le cose, c’è chi sfrutta bene le possibilità e chi no, chi si mette in gioco e cerca di prendere il meglio dall’esperienza, chi invece resta fermo nelle proprie convinzioni. Chi fa scambio e si arricchisce, chi si sente già arrivato e pretende di non essere criticato, di essere ‘acquistato’ senza mai nemmeno leggere. Mi è capitato di inorridire più volte sentendo gente che si definisce scrittore, dicendo però che non legge…. Ma questa è un’altra storia.
E voi che approccio avete con i social?
Eh sì, oggi mi gira di scrivere un articolo un po’ particolare, nato da mie riflessioni su tutto ciò che circonda il mondo di un aspirante, neo o navigato scrittore.
Partiamo dall’inizio: voglio scrivere un romanzo. Tempo addietro dopo l’idea iniziale (be’, quella ci vuole sempre) me ne andavo in biblioteca, o a fare interviste alla gente o divoravo ogni libro o giornale che trattasse l’argomento. Non troppo diverso da quello che faccio oggi, l’unica differenza è che oggi posso farlo comodamente seduto sul mio divano. E non sto parlando di tempi da dinosauro (non sono così vecchia), di prima che esistesse internet, parlo di pochi anni fa, quando le informazioni in rete erano molto inferiori e le connessioni più lente ( e le tariffe meno vantaggiose!). La quantità d’informazioni in rete oggi è pazzesca, io per il mio Phoenix ho scovato di tutto in rete, comprese le immagini video della prigione della STASI e le riprese in diretta dei monti Appalachi.
Ora, una volta raccolte abbastanza notizie posso iniziare a scrivere, ho la possibilità di consultare innumerevoli guide, per ogni gusto e stile, basta sceglierne una o fare un mix tra quelle che mi sembrano più consone al mio modo di scrivere.
Ma la vera opportunità, a mio avviso, viene dai social.
Voglio esercitarmi? Ricevere giudizi? Ci sono piattaforme di scrittura con contatto e commento del ‘pubblico’, gruppi in cui partecipare ad esercizi collettivi. Ce ne sono di tutti i generi e per tutti i gusti. Si cresce incredibilmente grazie al confronto con gli altri. Ricevere critiche immediate al proprio lavoro innesca un meccanismo di messa in discussione, di ricerca personale e di voglia di migliorare, che fa fare passi da giganti.
Sotto questo aspetto i social sono un arricchimento, una miniera d’oro da sfruttare. Già la possibilità di conoscere gente con le tue stesse passioni e interessi. Parliamoci chiaro, chi di voi è tanto fortunato da poter parlare col suo amico che è venuto a prendere un caffè del problema del POV o dell’INFODUMP? O del dilemma tra self e case editrici a pagamento? Pochi, eh? Invece quanti di voi possono farlo in rete? Quante persone avete potuto conoscere, anche solo virtualmente, che considerate addirittura amici? Io parecchie, e ne sono felicissima.
Parliamo dei gruppi a tema, parlo di gruppi appositi, non solamente amici virtuali con cui scambiare battute o vignette, parlo di luoghi e persone con cui condividere la nostra passione.
Personalmente ho due distinte opinioni riguardo questi gruppi e molto dipende da come sono gestiti: Quelli che trovo aridi, che non mi fanno crescere come persona e come ‘scrittrice’ sono i gruppi di ‘spam’ quelli in cui ognuno arriva, scarica il link e sparisce veloce come un razzo, senza soffermarsi a leggere gli altri, senza presentarsi e interagire. Non so nemmeno quanto funzionino a livello di pubblicità, perché se tutti postano senza leggere, chi è che noterà il nostro link?
Frequento molto poco questi gruppi e quando lo faccio cerco di leggere prima i post degli altri, di commentare, di cercare un contatto con qualcuno, ma devo ammettere che spesso si trovano sempre gli stessi link, sempre delle stesse presone, sempre identici e passa ogni voglia.
Molto spesso questo non è colpa nemmeno degli amministratori dei gruppi, ormai arresi allo spam selvaggio. Anch’io gestisco delle pagine facebook e devo ammettere con amarezza di aver dovuto fare la ‘maestrina’ bacchettona e rimproverare o cancellare post di persone che venivano a scaricare link senza interagire. (per non parlare di materiale non attinente o pornografico)
Il secondo tipo di gruppi on line sono quelli in cui c’è effettivamente uno scambio, parlo dei più seri e ‘professionali’ gruppi di linkedin, in cui ognuno posta una domanda, uno spunto, e ci si confronta ( più o meno civilmente) o i gruppi più alla buona su facebook o google +, in cui si parla un po’ di tutto, ma con prevalenza di tematiche sulla scrittura, in cui ci si confronta e ci si dà consigli di ogni tipo. In questo tipo di gruppo ho trovato molte amicizie, oltre che ottimi consigli e dritte sul mondo dell’editoria e della scrittura. Nel mio preferito per esempio, si spazia dai consigli sull’editing o sulla promozione, ai commenti sulle letture dei libri degli autori del gruppo stesso, con consigli, lodi e anche critiche. Si cerca di aiutarci a vicenda nella giungla in cui ci si è tuffati pubblicando un libro.
Vorrei consigliare ad ogni aspirante scrittore di scegliere e frequentare un gruppo del genere, perché si possono imparare molte più cose in questi luoghi virtuali, che in letture su letture di materiale specifico, che spesso nemmeno si trova per alcune tematiche troppo specifiche o troppo nuove.
Oltre a questo l’intrecciare amicizie, il leggersi a vicenda e commentare, ed anche criticare i propri lavori è qualcosa che non ha prezzo in termini di miglioramento e voglia di mettersi alla prova.
Tirando le somme, credo di poter affermare tranquillamente che la tecnologia, anche nel campo della scrittura abbia permesso a molti una possibilità, che forse non avrebbero avuto. Unico problema derivante è che, come in tutte le cose, c’è chi sfrutta bene le possibilità e chi no, chi si mette in gioco e cerca di prendere il meglio dall’esperienza, chi invece resta fermo nelle proprie convinzioni. Chi fa scambio e si arricchisce, chi si sente già arrivato e pretende di non essere criticato, di essere ‘acquistato’ senza mai nemmeno leggere. Mi è capitato di inorridire più volte sentendo gente che si definisce scrittore, dicendo però che non legge…. Ma questa è un’altra storia.
E voi che approccio avete con i social?
mercoledì 25 febbraio 2015
martedì 24 febbraio 2015
venerdì 20 febbraio 2015
intervista a Giulia Dell'Uomo
Ecco la chiacchierata con la mia collega ed amica Giulia! il suo libro è davvero toccante, ma mai pesante nè tendente al pietismo, ve lo consiglio!!!
Intervista a Giulia Dell’Uomo
Benvenuta tra noi Giulia e complimenti per il tuo libro. Ti va di parlarci un po’ di te?
Certo, anche se devo ammettere che questa domanda è l’unica in grado di spiazzarmi. Allora mi riesce più facile raccontarvi qualche piccola curiosità. Ho ventisei anni e penso sia l’età più bella, perché sogni e realtà cominciano a mescolarsi davvero. All’università ho studiato marketing ed ora nel mio lavoro posso metterlo in pratica. Sono una fan di Francesco Renga, adoro viaggiare e amo gli animali.
Sono determinata e ambiziosa. Il mio difetto più grande? Sono estremamente testarda!
Certo, anche se devo ammettere che questa domanda è l’unica in grado di spiazzarmi. Allora mi riesce più facile raccontarvi qualche piccola curiosità. Ho ventisei anni e penso sia l’età più bella, perché sogni e realtà cominciano a mescolarsi davvero. All’università ho studiato marketing ed ora nel mio lavoro posso metterlo in pratica. Sono una fan di Francesco Renga, adoro viaggiare e amo gli animali.
Sono determinata e ambiziosa. Il mio difetto più grande? Sono estremamente testarda!
Com’è Giulia Dell’Uomo Lettrice? Quali le tue letture preferite?
Giulia lettrice è…divoratrice! Spesso sento un bisogno compulsivo di mangiarmi letteralmente un libro. Mi può colpire solo la copertina o magari solo la sinossi. Ma quando lo apro è difficile per me richiuderlo senza averlo finito. Adoro la narrativa contemporanea e i romanzi rosa, ma in generale posso dire di apprezzare davvero i romanzi che fino all’ultima pagina mi hanno fatto entrare dentro la storia, accanto ai protagonisti.
Giulia lettrice è…divoratrice! Spesso sento un bisogno compulsivo di mangiarmi letteralmente un libro. Mi può colpire solo la copertina o magari solo la sinossi. Ma quando lo apro è difficile per me richiuderlo senza averlo finito. Adoro la narrativa contemporanea e i romanzi rosa, ma in generale posso dire di apprezzare davvero i romanzi che fino all’ultima pagina mi hanno fatto entrare dentro la storia, accanto ai protagonisti.
Qual è il percorso che ti ha portato ad esclamare: “voglio scrivere un romanzo!”?
Devo dire che fin da piccola ho sentito l’esigenza di scrivere. Poi ho capito che oltre ad essere un’esigenza era anche una passione. Ma i tempi non sono mai stati maturi per farlo seriamente, o forse sono io che non ci ho mai creduto abbastanza. Pensavo che scrivere un libro fosse una cosa da “scrittori” appunto. E io non mi sono mai sentita tale. Poi un anno fa non sono più riuscita ad ignorare questa passione ed ho iniziato a credere di dovermi prendere un po’ di più sul serio. E così, con un tasto dopo l’altro, è nato il mio primo libro.
Devo dire che fin da piccola ho sentito l’esigenza di scrivere. Poi ho capito che oltre ad essere un’esigenza era anche una passione. Ma i tempi non sono mai stati maturi per farlo seriamente, o forse sono io che non ci ho mai creduto abbastanza. Pensavo che scrivere un libro fosse una cosa da “scrittori” appunto. E io non mi sono mai sentita tale. Poi un anno fa non sono più riuscita ad ignorare questa passione ed ho iniziato a credere di dovermi prendere un po’ di più sul serio. E così, con un tasto dopo l’altro, è nato il mio primo libro.
Qual è stato il tuo percorso di pubblicazione? Cosa ti senti di consigliare a chi ha un romanzo nel cassetto e vuole tentare di emergere?
Il mio percorso è stato come quello di tanti autori esordienti. Mesi e mesi di attesa, qualche rifiuto da parte di qualche editore, qualche rifiuto da parte mia per proposte che non sentivo “mie” e poi finalmente la firma di un contratto. In generale comunque mi sento di consigliare tre cose: imparare ad avere pazienza, non prendersela per le porte in faccia e non smettere mai di inseguire i propri sogni. Perché è da lì che nascono i risultati più belli.
Il mio percorso è stato come quello di tanti autori esordienti. Mesi e mesi di attesa, qualche rifiuto da parte di qualche editore, qualche rifiuto da parte mia per proposte che non sentivo “mie” e poi finalmente la firma di un contratto. In generale comunque mi sento di consigliare tre cose: imparare ad avere pazienza, non prendersela per le porte in faccia e non smettere mai di inseguire i propri sogni. Perché è da lì che nascono i risultati più belli.
Ora vogliamo sapere tutto su ‘tutte le cose al loro posto’ : com’è nato? Quanto tempo hai dedicato alla stesura?
Tutte le cose al loro posto è nato di notte. In due mesi esatti. Tastiera di un computer, silenzio assoluto ed eccolo qua. E’ stato voluto e desiderato, ma non è stato scritto a tavolino e penso che questo si senta ad ogni pagina. E’ un’esigenza incontrollabile, una creazione che ho visto nascere e crescere con spontaneità. Un libro in cui ho riposto passione e amore per la vita.
Tutte le cose al loro posto è nato di notte. In due mesi esatti. Tastiera di un computer, silenzio assoluto ed eccolo qua. E’ stato voluto e desiderato, ma non è stato scritto a tavolino e penso che questo si senta ad ogni pagina. E’ un’esigenza incontrollabile, una creazione che ho visto nascere e crescere con spontaneità. Un libro in cui ho riposto passione e amore per la vita.
Raccontaci dei tuoi protagonisti. Chi è Sara e quanto è importante per lei Roberto?
Sara è una ragazza che a soli vent’anni si ritrova con un macigno sulle spalle. La malattia la fa entrare in un tunnel di paura, le sconvolge i piani e i sogni nel cassetto. Poi però le da anche la spinta per rinascere nuovamente. Sara fa della malattia il suo trampolino di lancio e attraverso di lei si tuffa nella vita vera. Così quando incontra il suo medico, Roberto, durante le terapie, non ha paura di intrecciare la sua esistenza con quella di lui. Roberto sa farla respirare a pieni polmoni e sarà per Sara fonte di gioia, di risate forti e vere, ma anche di qualche lacrima di troppo…
Sara è una ragazza che a soli vent’anni si ritrova con un macigno sulle spalle. La malattia la fa entrare in un tunnel di paura, le sconvolge i piani e i sogni nel cassetto. Poi però le da anche la spinta per rinascere nuovamente. Sara fa della malattia il suo trampolino di lancio e attraverso di lei si tuffa nella vita vera. Così quando incontra il suo medico, Roberto, durante le terapie, non ha paura di intrecciare la sua esistenza con quella di lui. Roberto sa farla respirare a pieni polmoni e sarà per Sara fonte di gioia, di risate forti e vere, ma anche di qualche lacrima di troppo…
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai qualche lavoro in cantiere?
Il mio progetto più bello è di non smettere di scrivere. Ora che ho preso il via, vorrei proprio non finisse mai. Così in stesura c’è un secondo romanzo e tante idee per la testa, che magari un giorno si trasformeranno in realtà. Ma in attesa di tutto ciò, attualmente mi godo il calore dei miei primi lettori. Non c’è cosa più bella di entrare nella vita delle persone con le proprie parole e di sentirle accanto a me con commenti e apprezzamenti sulla storia raccontata nel libro. Spero di poter godere di questo privilegio per molto altro tempo ancora!
Il mio progetto più bello è di non smettere di scrivere. Ora che ho preso il via, vorrei proprio non finisse mai. Così in stesura c’è un secondo romanzo e tante idee per la testa, che magari un giorno si trasformeranno in realtà. Ma in attesa di tutto ciò, attualmente mi godo il calore dei miei primi lettori. Non c’è cosa più bella di entrare nella vita delle persone con le proprie parole e di sentirle accanto a me con commenti e apprezzamenti sulla storia raccontata nel libro. Spero di poter godere di questo privilegio per molto altro tempo ancora!
giovedì 19 febbraio 2015
phoenix being translated
Sembra che i madrelingua approvino!! bravo il mio traduttore! si iniziaaaa phoenix sbarcherà all'estero! ;-)
mercoledì 18 febbraio 2015
altro parere positivo, che mi dà il coraggio e l'entusiasmo di andare avanti .-)
http://paroleacolori.com/phoenix-operazione-parrot-francesca-rossini/
Una spy story sui generis dove una mamma single si troverà a vestire i panni dell'agente
Phoenix – Operazione Parrot, Francesca Rossini
1983. Un affascinante ed enigmatico agente dell’intelligence americana, Clay Nathan Hobbs, nome in codice Blue Shadow, coinvolge l’infermiera Leila Lane in una rocambolesca avventura in Europa sulle tracce di un agente del KGB, Egor Vinogradov, che ha un grosso conto in sospeso con lui. La comparsa in scena di una terza donna, l’agente segreto Rebecca Doyle, complicherà i rapporti tra i due protagonisti. Il terzetto dovrà tenere a bada i sentimenti per sventare un complotto ideato dallo spionaggio sovietico e la minaccia di un conflitto atomico.
Cosa mi è piaciuto di questo libro? Prima di tutto il fatto che si tratti di una spy story con tutti i crismi, costruita in modo attento, con una serie di elementi che rimandano alle grandi storie del genere – da James Bond alle spie più moderne – declinati però in una chiave spesso ironica, sempre particolare.
In “Phoenix – Operazione Parrot” si avverte senza dubbio la presenza di un’autrice di sesso femminile, per il modo in cui elementi crudi e realistici vengono affiancati a spunti per certi versi romantici, a inserti di tipo personale. Questo è un libro che vi farà tenere il fiato sospeso, ma che vi farà anche sognare e battere il cuore – una combinazione non da poco.
La protagonista femminile contribuisce parecchio alla buona riuscita dell’architettura narrativa. Dimenticatevi le Bond girl tutte curve, abiti succinti, vite avventurose e zero problemi (in Rebecca Doyle, fidanzata di Clay e spia a sua volta potrete riconoscere il tipo): Leila Lane non fa decisamente parte di questo gruppo. La nostra eroina è una mamma single che lavora come infermiera, ha questioni non risolte e problemi a non finire con il padre di suo figlio, vive con la sorella incasinata quanto se non più di lei.
Il fatto di vedere una ragazza normale, con un bambino, un lavoro faticoso, problemi domestici che potrebbero essere i nostri, venire catapultata nel mondo dello spionaggio e diventare la star di questo romanzo mi è davvero piaciuto tanto. Perché non capita spesso. Nella narrativa le donne come Leila sono spesso relegate al ruolo di mogli e madri, al massimo sono protagoniste di vicende normali, per certi versi banali. Non qui. Leila è una donna in cui tutte possono rivedersi, ma il fatto che viva un’avventura come questa, che si dimostri capace di superare i suoi limiti e dia prova di un coraggio pari a quello di persone addestrate, per molti versi è una sorta di rivalsa del genere femminile.
L’agente segreto Blue Shadow, alias Clay Hobbs, di contro, ammetto che non ha riscosso molto spesso la mia simpatia. Ci sono lati del suo carattere pensati per farcelo piacere (l’aspetto fisico, le mille risorse, la sicurezza) e conoscendo via via scorci del suo passato non possiamo non giustificarlo, almeno un po’, è solo che il suo modo di fare troppo sicuro, gli atteggiamenti da latin lover, quel senso di sufficienza con cui tratta spesso il resto del mondo – e la sua improvvisata compagna d’avventura in particolare – mi hanno dato i nervi. Quando Leila, nel corso della storia, pensa “Chi credeva di essere quel manichino borioso, pieno di sé? Che pensasse quello che voleva, non doveva certo dare spiegazioni a lui” mi sono ritrovata al 100% nelle sue parole.
Ben congegnata la trama, apprezzabilissimo il montaggio narrativo che alterna punti di vista e personaggi diversi. Dar voce a Leila e a Blue, ma anche ad altri caratteri come l’agente russo super-ricercato, il 32enne americano che scopre i suoi natali, la sorella della protagonista, è un espediente interessante e soprattutto azzeccato per muovere la storia e incuriosire il lettore.
Questo è senza dubbio un libro dove non ci si annoia, la storia procede spedita – anche grazie all’arco cronologico molto breve che viene coperto. Quando si arriva alla fine è come se avessimo soltanto chiuso un capitolo di una vicenda molto più ampia, e questo è chiaramente un pregio.
Il finale è aperto che più aperto non si può: la missione in sé è finita, ma quando si chiude il romanzo ci si aspetta un seguito, senza se e senza ma. Perché i personaggi devono ancora dare tanto, perché vogliamo sapere come andranno avanti le varie storie (Vinogradov, ad esempio, come metterà in pratica la sua vendetta?). Perché siamo dei romanticoni e ci domandiamo se una relazione tra la spia più o meno senza macchia e senza paura e l’infermiera e informatrice incasinata potrà avere un futuro. Perché la narrativa è bella proprio quando compie questa magia: ci dipinge davanti agli occhi un mondo che vogliamo continui a svilupparsi, e non si chiuda al chiudersi di un libro.
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venerdì 13 febbraio 2015
festeggiamo il 38 posto su kobo!!
Si parla sempre di amazon, stasera bella sorpresa anche su kobo per il mio phoenix :-)
ancora un articolo sul momento di scrivere per la rubrica DALLA BOZZA AL ROMANZO
http://ilmomentodiscrivere.org/2015/02/1
E se fosse il momento di tradurre?
Eccomi qui, ogni volta che penso di mettere la parola fine su questa rubrica, mi viene in mente qualcos’altro di cui parlare. Sarà che anch’io da esordiente ho vissuto e sto vivendo passo, passo, quello di cui mi sono proposta di raccontarvi nel modo più semplice e chiaro possibile.
Dunque, ormai siete ufficialmente esordienti: avete pubblicato il vostro romanzo, lo avete iniziato a promuovere e, vi auguro, state iniziando a vendere delle copie. Oh! Ma mica potete poltrire, forza sotto con altre idee. Oggi vi voglio parlare di un progetto forse un po’ ambizioso, forse un tuffo nel vuoto: la traduzione.
Sì avete capito bene: non ci avete mai pensato? Tradurre il romanzo in modo che possa uscire dall’Italia, pronto per una marea di lettori di lingua inglese per esempio.
Ok, quali strade intraprendere se vogliamo tentare?
Ci sono delle agenzie letterarie che si occupano di tradurre e proporre a case editrici all’estero i romanzi italiani. Non ho molte informazioni a riguardo solo una cosa è certa: il servizio ovviamente ha un costo. Andando a cercare sempre l’opzione che fa più risparmiare (costo zero sarebbe l’ideale) spostiamoci verso il fai da te: pubblicare all’estero come self publishing si può, grazie alla gobalizzazione di molte piattaforme on line. Sì, però chi ce lo traduce? Ecco la vera nota dolente. I traduttori professionisti costano dalle dieci alle venticinque euro a cartella. Più o meno una cartella è una paginetta word. La traduzione di un libro medio, sulle duecento pagine, verrebbe a costare cifre che un esordiente può solo sognare di recuperare. E allora? Tentare di tradurlo da soli?
Questo, a meno che voi non siate bilingue, ve lo sconsiglio vivamente. Anch’io all’inizio avevo puntato sull’aiuto di mia sorella: laureata con il massimo dei voti in lingue e che ha lavorato una vita in una casa editrice traducendo libri. Sì ma dallo spagnolo o inglese all’italiano, mai viceversa. Quando gliel’ho proposto infatti mi ha guardata inorridita, neanche avessi sproloquiato: solo un madrelingua può tradurre il lavoro in modo tale che sia adeguato al pubblico di quella lingua. A un italiano, per quanto possa studiare, mancheranno sempre determinate sfumature linguistiche, non saprà mai rendere bene, padroneggiare alla perfezione, in tutte le sfaccettature un idioma non suo.
E questo il primo problema: ci serve un madrelingua, ma non basta. Questa persona, ovviamente (ma meglio sottolineare l’ovvio) deve aver studiato, deve scrivere senza errori, deve avere una certa cultura in campo letterario o perlomeno deve conoscere l’argomento che trattate: se ad esempio avete scritto un testo di medicina, d’ingegneria, d’informatica e via dicendo, il traduttore dovrà conoscere i termini specifici in entrambe le lingue per non rischiare grossi strafalcioni.
Bene, ma voi non volete spendere proprio nulla? Una soluzione interessante, ma ancora tutta da studiare è quella offerta da babelcube un portale aperto sia agli autori che ai traduttori. Funziona in questo modo: l’autore pubblica la sinossi e una parte del libro. I traduttori interessati fanno un’offerta, una proposta di traduzione in una lingua. Se l’autore accetta, verranno tradotte delle pagine prova, se l’autore è soddisfatto si procede all’intera traduzione del manoscritto. Il traduttore riceverà il pagamento tramite percentuale di vendita in queste proporzioni.
Dunque, ormai siete ufficialmente esordienti: avete pubblicato il vostro romanzo, lo avete iniziato a promuovere e, vi auguro, state iniziando a vendere delle copie. Oh! Ma mica potete poltrire, forza sotto con altre idee. Oggi vi voglio parlare di un progetto forse un po’ ambizioso, forse un tuffo nel vuoto: la traduzione.
Sì avete capito bene: non ci avete mai pensato? Tradurre il romanzo in modo che possa uscire dall’Italia, pronto per una marea di lettori di lingua inglese per esempio.
Ok, quali strade intraprendere se vogliamo tentare?
Ci sono delle agenzie letterarie che si occupano di tradurre e proporre a case editrici all’estero i romanzi italiani. Non ho molte informazioni a riguardo solo una cosa è certa: il servizio ovviamente ha un costo. Andando a cercare sempre l’opzione che fa più risparmiare (costo zero sarebbe l’ideale) spostiamoci verso il fai da te: pubblicare all’estero come self publishing si può, grazie alla gobalizzazione di molte piattaforme on line. Sì, però chi ce lo traduce? Ecco la vera nota dolente. I traduttori professionisti costano dalle dieci alle venticinque euro a cartella. Più o meno una cartella è una paginetta word. La traduzione di un libro medio, sulle duecento pagine, verrebbe a costare cifre che un esordiente può solo sognare di recuperare. E allora? Tentare di tradurlo da soli?
Questo, a meno che voi non siate bilingue, ve lo sconsiglio vivamente. Anch’io all’inizio avevo puntato sull’aiuto di mia sorella: laureata con il massimo dei voti in lingue e che ha lavorato una vita in una casa editrice traducendo libri. Sì ma dallo spagnolo o inglese all’italiano, mai viceversa. Quando gliel’ho proposto infatti mi ha guardata inorridita, neanche avessi sproloquiato: solo un madrelingua può tradurre il lavoro in modo tale che sia adeguato al pubblico di quella lingua. A un italiano, per quanto possa studiare, mancheranno sempre determinate sfumature linguistiche, non saprà mai rendere bene, padroneggiare alla perfezione, in tutte le sfaccettature un idioma non suo.
E questo il primo problema: ci serve un madrelingua, ma non basta. Questa persona, ovviamente (ma meglio sottolineare l’ovvio) deve aver studiato, deve scrivere senza errori, deve avere una certa cultura in campo letterario o perlomeno deve conoscere l’argomento che trattate: se ad esempio avete scritto un testo di medicina, d’ingegneria, d’informatica e via dicendo, il traduttore dovrà conoscere i termini specifici in entrambe le lingue per non rischiare grossi strafalcioni.
Bene, ma voi non volete spendere proprio nulla? Una soluzione interessante, ma ancora tutta da studiare è quella offerta da babelcube un portale aperto sia agli autori che ai traduttori. Funziona in questo modo: l’autore pubblica la sinossi e una parte del libro. I traduttori interessati fanno un’offerta, una proposta di traduzione in una lingua. Se l’autore accetta, verranno tradotte delle pagine prova, se l’autore è soddisfatto si procede all’intera traduzione del manoscritto. Il traduttore riceverà il pagamento tramite percentuale di vendita in queste proporzioni.
Questo procedimento è veramente vantaggioso per l’autore che non deve improntare nessun capitale, un po’ meno per il traduttore che fa un salto nel buio sperando che poi il libro venda e rientri del tempo perduto a tradurre.
Però attenzione, proprio per questo verificate bene la capacità di chi traduce, perché potete avere davanti chiunque. Bisognerebbe trovare poi chi revisiona il tutto. Ed ecco qui affacciarsi un altro problema e la possibile soluzione (almeno quella che ho pensato io) Il traduttore dovrebbe essere uno del ‘mestiere’ un autore (utopia) per saper rendere bene, in modo fluido, scorrevole e coinvolgente la narrazione, catturando il lettore, meglio ancora se fosse uno scrittore dello stesso genere letterario. Sì, va bene, trovare un traduttore madrelingua e anche scrittore è pressoché un terno al lotto, ma forse potrete contattare qualcuno per revisionare, in una sorta di scambio di favori: ormai grazie ai social network si riesce ad entrare in contatto con moltissime persone di tutto il mondo, cercate autori della lingua in cui desiderate pubblicare e offritegli uno scambio di revisioni, ma anche di promozione. Solo così la traduzione potrà essere messa in vetrina nel modo giusto e nelle condizioni giuste, e non rimarrà a marcire negli store on line senza nessun visitatore.
Certo, ripeto, questo è un progetto impegnativo ed ambizioso, ma ormai se avete seguito la mia rubrica dagli esordi sapete che nulla, nel ‘mestiere’ dello scrittore è semplice. È una sfida continua tra il possibile e l’impossibile e io stessa sto testando sulla mia pelle e su quella di ‘Phoenix’ quali sono i limiti che posso o non posso superare. Anche per questo argomento sento di non saperne abbastanza, aspetto le vostre dritte e le vostre esperienze. Alla prossima!
Però attenzione, proprio per questo verificate bene la capacità di chi traduce, perché potete avere davanti chiunque. Bisognerebbe trovare poi chi revisiona il tutto. Ed ecco qui affacciarsi un altro problema e la possibile soluzione (almeno quella che ho pensato io) Il traduttore dovrebbe essere uno del ‘mestiere’ un autore (utopia) per saper rendere bene, in modo fluido, scorrevole e coinvolgente la narrazione, catturando il lettore, meglio ancora se fosse uno scrittore dello stesso genere letterario. Sì, va bene, trovare un traduttore madrelingua e anche scrittore è pressoché un terno al lotto, ma forse potrete contattare qualcuno per revisionare, in una sorta di scambio di favori: ormai grazie ai social network si riesce ad entrare in contatto con moltissime persone di tutto il mondo, cercate autori della lingua in cui desiderate pubblicare e offritegli uno scambio di revisioni, ma anche di promozione. Solo così la traduzione potrà essere messa in vetrina nel modo giusto e nelle condizioni giuste, e non rimarrà a marcire negli store on line senza nessun visitatore.
Certo, ripeto, questo è un progetto impegnativo ed ambizioso, ma ormai se avete seguito la mia rubrica dagli esordi sapete che nulla, nel ‘mestiere’ dello scrittore è semplice. È una sfida continua tra il possibile e l’impossibile e io stessa sto testando sulla mia pelle e su quella di ‘Phoenix’ quali sono i limiti che posso o non posso superare. Anche per questo argomento sento di non saperne abbastanza, aspetto le vostre dritte e le vostre esperienze. Alla prossima!
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E se fosse il momento di tradurre? scritto da Francesca Rossini media voto 5/5 - 1 voti utenti
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