Qualcosa lo fece
svegliare, la riconobbe ancor prima di aprire gli occhi: era la sua mano
poggiata sulla guancia. Non seppe reprimere un sorriso. Lo fissava seria, Jonas
temette una sfuriata. Ritrasse la mano, ma lentamente, fissandolo.
“Mi dispiace” disse
semplicemente. “Non sono sempre stato così stronzo vero?”
Finalmente lei
sorrise, scosse la testa e Jonas notò che piangeva. Gli si buttò al petto e
prima che potesse formulare un qualsiasi pensiero coerente lo baciò. In un
attimo milioni di momenti come quello, eppure diversi, affollarono la sua
mente. Baci della donna che aveva amato e perduto, sensazioni che aveva creduto
perse e che ora vorticavano nel suo animo spezzettato.
L’amò con tutta la
passione di una prima volta, ma con la consapevolezza e la disperazione di un’ultima.
“Non ricordo ancora
tutto, ma so che ti amavo, e che provo ancora qualcosa di indelebile per te
Emma” le disse più tardi, i loro corpi abbracciati in quello sgabuzzino, come
clandestini.
“Lo so” commentò lei
sfiorandolo di piccoli baci sul petto.
“Devo andare alla Braintec,
lì ci sono le risposte” disse poi riscuotendosi e alzandosi di scatto.
“Ho qualcosa per te,
qualcosa che volevo darti quando fossi tornato in te stesso”
“Non sono ancora me
stesso, non del tutto”
“Lo sei molto più che
negli ultimi mesi prima dell’incidente” sorrise lei alzandosi a sua volta.
Posò ancora lo sguardo
avido sul suo corpo perfetto, ricordandosi solo allora delle sue gambe
sintetiche. Si sbrigò a coprirsi, ma lei lo fermò.
“Nathan?”
Lui la guardò
imbronciato.
“È stato bello” disse
arrossendo lievemente.
Il suo sorriso
rischiarò il suo umore.
“Ecco” gli porse una
valigetta. Lui l’aprì evi trovò un dispositivo di memoria esterna.
“È tuo, te lo avrei
dato, ma non eri pronto”
Posizionò i sensori alle
tempie e si preparò a cercare qualcosa d’interessante tra i dati. Aprì la mail
che aveva dimenticato di avere. Ce ne era una che attirò lo sguardo: era datata
1/9/2090 Alla stessa ora dell’incidente. Era della dottoressa Hors. Una
cartina. La braintec aveva tre laboratori clandestini, poi c’erano le abitazioni
del proprietario. Cinque: tre in città, una a Newmiami e l’ultima a Coldlake. Nessun
testo.
Attivò istantaneamente
la chiamata: “Hors ti passo a prendere tra due minuti, se c’è ancora speranza
che sia viva so dove trovarla”.
Non aveva altre
possibilità, se avesse fallito avrebbero diramato l’allarme e fatto sparire la Hors,
sempre che fosse ancora viva
……
coldlake era
silenzioso e isolato, i tre avanzavano, pistola alla mano tra fitte canne. Gli
occhiali termici rivelarono la presenza di un unico uomo. Dopo tutto quel tempo
i controlli erano scemati, cercò di convincersi Jonas. Sperò con tutto se
stesso che il motivo non fosse il più ovvio: non c’era più nulla da controllare.
“Andiamo!”
Fecero irruzione: un
ubriacone, una dottoressa e un invalido. L’uomo fu atterrato immediatamente dal
colpo preciso dell’agente anziano, che sembrava ringiovanito.
Perquisirono la
casupola, nulla, Jonas stava per dichiararsi sconfitto quando udì leggeri colpi
sotto di lui. Percorse avanti e indietro il pavimento di legno, poi iniziò a
dare colpi con il piede: “qui!” si accucciò e tirò fuori una lama laser, di
quelle per il campeggio. Un attimo dopo la vecchia botola scattò e una luce
artificiale illuminò il suo volto. Scesero e si trovarono in un laboratorio
lindo, moderno e quasi accogliente. Hors crollò in ginocchio piangendo di gioia,
mente la figlia lo abbracciava tra i singhiozzi. Jonas sentì il sangue colare
dalle narici. Si sedette su un divanetto e aspettò che i giramenti di testa
passassero.
La ragazza lo guardò
riprendendosi subito:
“Non pensavo fossi
ancora vivo, hai il chip?”
“No, me lo hanno
tolto, ma non ricordo nulla e non mi sento molto in forma a dire il vero” come
in risposta alle sue stesse parole vomitò.
“È colpa mia, gli ho
inserito i mei ricordi per smuovere la memoria ed arrivare a te” piangeva
ancora, come un bambino.
“Il chip corrode
lentamente l’amigdala e parti delle aree associative del lobo temporale, l’idea
era che si sostituisse ad esse per incrementare la capienza dei ricordi. Ma
pare che il cervello si difenda rigettandoli”
“Ma io non ho più il
chip”
Emma gli tamponava il
naso, preoccupata.
“Andiamocene, prima
che scatti qualche sistema di allarme, riuscì a dire Jonas, si alzò barcollando
e seguì gli altri.
…..
Aprì gli occhi, ancora
l’ospedale, ma sorrise vedendo lei al suo fianco.
“Sembra che il chip abbia corroso anche l’ippocampo
e che il processo innescato sia irreversibile: il tuo cervello sta attaccando
se stesso” disse.
E Jonas si domandò
cosa diavolo ci fosse da sorridere.
“Abbiamo una
soluzione” disse finalmente, accarezzandogli la fronte. Lui alzò un
sopracciglio in segno di domanda.
“Nostro figlio” disse
in un soffio.
Jonas si alzò di
scatto:
“Io, io mi dispiace”
“Lo so, l’ho perso
dopo il tuo incidente: troppa paura di perderti”
“Non ti ho chiesto io di abortire?” sembrava
liberato di un peso enorme.
Lei scosse il capo,
gli occhi lucidi. Non avrei potuto, eri cambiato e mi hai detto che saresti
uscito dalla mia vita e dalla sua, per proteggerci. Non sapevi cosa ti sarebbe
successo.
La Hors intervenne
bruscamente: “Non è un’operazione semplice e dobbiamo tentare prima che la
situazione peggiori”
Jonas guardò senza
capire.
“L’embrione è
conservato, come da procedura standard e ha il 50% del tuo DNA, ed un cervello
in forma primitiva, pronto ad adattarsi e crescere legando con il tuo. Avrai
ancora infiltrazioni della vita di mio padre e buchi di memoria, ma potrebbe
funzionare. Potrai forse riavere i tuoi ricordi, ma soprattutto non rischierai
di divenire un vegetale.
Jonas sentì stringere
forte la mano e per la prima volta, da quando si era svegliato in quello stesso
letto sapeva chi era e cosa voleva, era felice:
“Facciamolo”
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