Tornando alla scrivania il suo umore peggiorò: Alan Tyler
aveva preso la postazione accanto alla sua, quella vuota dal pensionamento di
Hugan.
«Leva il tuo culo floscio da lì, Tyler, non voglio sentire la tua puzza di colonia marcita accanto alla
mia scrivania!», gli gridò contro.
«Mi spiace deluderti, ma mi è stata assegnata, ho fatto
esplicita richiesta. Se vuoi puoi prendere la mia vecchia scrivania, accanto ai
cessi». Poggiò una grossa pianta grassa sul tavolo insieme ad alcune
cartelline.
Clay andò a sedersi, cercando di non innervosirsi: era sotto
osservazione e quello che non gli serviva era una nota per lite, l’ennesima sul
suo curriculum. Spostò i portapenne allineandoli alla perfezione, aprì il
cassetto, ne controllò il contenuto poi lo richiuse, lo aprì ancora,
richiudendolo, per tre volte, poi accese il pc.
Si schiarì la voce un po’ di volte e vide con la coda
dell’occhio Tyler che lo fissava con disappunto, in risposta altri colpetti di
tosse e schiarite di voce. Si stava innervosendo. Allentò il nodo della
cravatta e tirò il colletto della camicia.
«Vai avanti così per tutto il giorno, amico?», sbuffò l’uomo
sistemandosi gli occhiali e guardando Max, come a confermare quanto fosse
fastidioso quel rumore. Anderson però sembrava intento nella lettura del
quotidiano, non accennò neppure ad alzare lo sguardo.
«Non sono tuo amico, se non ti sta bene i cessi ti aspettano,
tornatene da dove sei venuto».
Katy arrivò con i nuovi casi: «Ecco qui ragazzi, buon
divertimento»
«Ehi bellezza!», il sorriso ricomparve sul volto di Clay.
«Hai scelto i casi migliori per me?»
La ragazza sorrise, faceva la stagista lì da due mesi e ormai
aveva una cocente cotta per l’affascinante agente Hobbs.
«Lo sai che non li scelgo io», giustificò l’ovvio, poi si
accorse della gaffe e gettò le cartellette sulla scrivania, per allontanarsi in
fretta. Nell’impeto i fogli colpirono la tazza di caffè, che cadde rovesciando
il contenuto sul tavolo.
«Ma che cazzo!», scattò in piedi Clay, inorridito: fogli
rovinati, pantaloni schizzati, persino la tastiera del pc era impregnata di
liquido scuro.
Preso dal panico prese il fazzoletto dalla tasca posteriore
dei pantaloni per cercare di asciugare, ma era come tamponare il mare con un
asciugamano da bidet. Hobbs iniziò a borbottare parole incomprensibili, mentre
Max, che lo conosceva bene, era corso a chiamare Teresa, l’addetta alle
pulizie.
«Ah ah ah, sta’ calmo Hobbs, non va mica a fuoco l’ufficio»,
lo prese in giro Taylor, ridendo divertito. «Sembri una donnetta isterica!»
Improvvisamente Clay si girò nella sua direzione, lo afferrò
per il colletto, furioso: «Ripetilo, pezzo di escremento, ripeti quel che è
uscito da quella fogna»
«Ehi stai calmo, tu sei fuori amico, hai bisogno di uno
psichiatra, uno bravo». Le parole morirono in uno sbuffo violento.
Clay lo aveva colpito allo stomaco con la mano libera, una
volta, poi di nuovo.
«Sicurezza!», iniziò a gridare Taylor. «Mi ammazza!» Ancora
altri colpi, accorsero tre agenti:
«Ehi, Hobbs, calmo!», disse Della Corte, afferrandolo per le
spalle. Max si precipitò. «Ti serve una boccata d’aria amico, andiamo.»
«Non mi serve un cazzo, solo che questo scarafaggio sparisca
dalla mia vista»
«Tu sei pazzo, Hobbs, pazzo come un cavallo. Dovete
rinchiuderlo!», urlava ora Taylor al sicuro dietro le spalle degli agenti
venuti a separarli.
«Che diavolo succede qui?» Peter si era affacciato alla porta
dell’ufficio, scosse il capo vedendo che c’entrava Hobbs, di nuovo.
«Blue! Nel mio ufficio, ora!», gridò. «Tu vai a farti
medicare» disse rivolto a Taylor, che sanguinava copiosamente da un
sopracciglio.
«Oh, Peter, ora non iniziare», lo precedette Clay. «Mi hai
messo quel decerebrato accanto, non potevi pensare che stessi fermo a sentire
le sue cazzate!»
Ma Peter taceva, tirò fuori una cartellina dal cassetto della
scrivania e l’aprì, sempre in silenzio. Clay si zittì a sua volta, capendo che
un'altra nota di demerito non gliel’avrebbe tolta nessuno.
«Terapia collettiva», disse poi il capo. «Questo è arrivato
ieri, ero indeciso sulla risposta alla richiesta del tuo psichiatra, ma hai
appena deciso tu per me che vale la pena tentare»
«Il vecchio mi molla? Cos’è, finalmente va in pensione? E non
assumete nessuno al suo posto? Magari una bella psichiatra, sì, credo che
sarebbe la cura ideale per me»
«Finiscila, Blue! Non c’è nulla da ridere. Non smetterai di
vedere Payton, ma andrai anche alle riunioni»
«Non se ne parla» rispose, cercando in tutti i modi di
rimanere calmo. L’unica cosa che non doveva fare era dare in escandescenze.
«Oh sì che ci andrai, e riceverò puntuale resoconto dei
progressi fatti. Altrimenti la Groenlandia ti aspetta, lì potrai divertirti a
picchiare quanti orsi bianchi tu voglia»
«Non sai fare ironia», ribatté Clay, che ormai sapeva che non
aveva scampo. Sarebbe andato a prendere in giro qualche maniaco in una
squallida palestra o aula pubblica. Questo volevano e questo avrebbe fatto.
Sarebbe stato bravo, bravissimo, avrebbe accarezzato gattini e comprato
biscotti dalle girl scout. Sorrise, di un sorriso glaciale: «Ok, ci vado»
rispose docile.
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