Questo è un thriller con qualcosa di giallo e molto di rosa, in questo secondo capitolo della storia è Leila la vera protagonista, questo personaggio ha preso il volo e ha iniziato a vivere di vita propria, è come se la conoscessi davvero, come se fosse mia amica. E' stato un viaggio emozionante e appagante quello percorso con Leila e Clay, che si è arricchito strada facendo di nuovi personaggi, che ho amato davvero tanto.
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questa la sinossi:
Leila Lane sembra un'infermiera
come tante, alle prese con un nuovo lavoro, con le minacce del suo ex compagno e il ricordo di un’avventura da gettarsi alle spalle, ma cela una doppia vita, nascosta nel piano interrato del Georgetown Hospital. Ce la farà a rimettere in sesto la propria vita, anche quando il destino riporterà Clay sulla sua strada? Quando insieme dovranno collaborare con
un agente dell'FBI per risolvere un delicato caso di cronaca? Ce la farà a essere forte anche per gli altri, a non impazzire quando tutto sembrerà crollarle addosso? Chi perseguita Leila?
Minacce, complotti, ma anche problemi della quotidianità, fatta di legami, liti e passioni. Con la guerra fredda sullo sfondo, sono i sentimenti a fare ancora da padroni. Storie d'amore e odio che si intrecciano indissolubilmente. Questi gli ingredienti del nuovo capitolo di Phoenix.
e qui in anteprima qualche stralcio :
......Riprese a correre con più disinvoltura possibile, “Manca poco
all’auto”, pensava cercando d’incoraggiarsi, ma sentì dietro di lei i passi
dell’uomo aumentare, stava correndo anche lui, i suoi scarponi battevano forte
sull’asfalto. Cercò le chiavi dell’auto nella tasca della giacca di pile,
tenendole pronte in mano, il cuore rimbalzava nel suo petto sempre più
velocemente. Eccola lì la sua auto, ci finì quasi contro per la velocità della
corsa, tentò d’infilare la chiave nella serratura. Non ci riusciva, continuava
a colpire la carrozzeria rigandola con la punta della chiave, le mani
tremavano. Gettò un’occhiata, lui stava arrivando, era lì a pochi metri. Provò
ancora con la chiave che stavolta finalmente entrò, sentì lo scatto e vide il
pomello alzarsi. “Dai, dai, dai”, ripeteva nella sua mente. Entrò, chiuse lo
sportello e mise la sicura, accese il motore e si azzardò a guardare, ormai
doveva esserle addosso.
Nessuno. Girò la testa. Nessuno. Guardò in
tutte le direzioni, in tutti gli specchietti disponibili, non c’era anima viva......
.....Aveva ormai imparato a memoria ogni minuscola crepa
dell’odiato soffitto color crema, come ogni sfumatura del pacchiano motivo
floreale dello studio. Il professor Patton si ostinava a irritarlo con domande
subdole, a trabocchetto, e ormai da lunghi minuti il silenzio si protraeva,
facendosi pesante.
L’omino calvo sembrò riscuotersi, si aggiustò gli occhiali
sul naso importante e intrecciò le mani in grembo:
«Signor Hobbs», iniziò con quel suo solito tono troppo basso.
«Ci conosciamo ormai da molti anni».
Clay sbuffò cercando di trattenere l’impulso di lisciare una
piega formatasi sui pantaloni.
«I miglioramenti sono stati davvero notevoli, soprattutto in
questi ultimi mesi, tuttavia…»
Clay si schiarì la voce desiderando di essere ovunque tranne
che lì, ma aveva saltato tre incontri e la tirata d’orecchio era arrivata
dall’alto stavolta, chiara e semplice: ‘O continui la terapia o ti segreghiamo
dietro una scrivania’.
«Tuttavia ha saltato degli incontri e, ecco, io la ritrovo
qui con le mani che fremono, si è schiarito la voce, vediamo…» Controllò un
taccuino. «Quarantasette volte in» controllò l’orologio, «mezz’ora scarsa».
Per tutta risposta Clay si allentò il nodo della cravatta e
si schiarì ancora la voce allontanando il colletto della camicia dal collo,
come se bruciasse.......
....Anja Volkova stringeva forte i braccioli della poltroncina della classe economica. Prima l’atterraggio a Francoforte e poi un altro lungo volo fatto di scossoni, finalmente l’America era sotto di lei. Poteva distinguere le abitazioni, le strade, tutto era minuscolo e appiccicato, come in un plastico, di quelli che aveva tante e tante volte studiato durante l’addestramento.
L’esuberanza dei suoi ventidue anni
cozzava contro ciò che le avevano detto e ripetuto infinite volte: l’America
era un covo di corruzione e perversione. Un luogo dove tutto era troppo facile,
troppo enfatizzato e sprecato. Ma ora le luci della città, del traffico e delle
insegne a neon le facevano accelerare i battiti. Avrebbe dovuto essere
preparata a quella sensazione, chiuse gli occhi e si ripeté perché era lì.
Inspirò profondamente....
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