eccovi il mio primo lavoro Phoenix presentato da qualche stralcio e qualche indiscrezione
Sinossi
1983. Un enigmatico agente dell'intelligence americana: Clay
Nathan Hobbs, nome in codice Blue Shadow, coinvolge l'infermiera Leila Lane in
una rocambolesca avventura in Europa sulle tracce di un agente del kgb, Egor
Vinogradov, che ha un grosso conto in sospeso con lui. La comparsa in scena
dell’agente segreto Rebecca Doyle, complicherà rapporti tra i protagonisti.
Il terzetto dovrà tenere a bada i sentimenti per sventare un
complotto ideato dallo spionaggio sovietico e la minaccia di conflitto atomico.
DICONO DI PHOENIX, RECENSIONI DAI BLOG :
http://www.writersdream.org/forum/forums/topic/24459-phoenix-operazione-parrot-francesca-rossinicomitatodilettura/
http://www.prosaepoesia.net/?page_id=7229#phoenix
http://amicadeilibri.blogspot.it/2014/12/phoenix-operazione-parrot-di-francesca.html?spref=bl
http://paroleacolori.com/phoenix-operazione-parrot-francesca-rossini/
http://italiansdoitbetter-booksedition.blogspot.it/2015/04/recensione-phoenix-operazione-parrot-di.html?spref=bl
DICONO DI PHOENIX, RECENSIONI DAI BLOG :
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Questa la prima puntata, per scoprire di più sul mi romanzo, vi aspetto con commenti o critiche!!!!!
Questa la prima puntata, per scoprire di più sul mi romanzo, vi aspetto con commenti o critiche!!!!!
A proposito di Phoenix… Un romanzo sotto la lente
d’ingrandimento.
Eccomi qui a raccontarvi del mio libro, non è mai facile
spiegare quel che si prova a parlare dei personaggi che sono usciti in forma
grezza dalla propria mente, si sono visti plasmare e crescere di giorno in
giorno, man mano che le idee assumevano la forma scritta.
Oggi, in questo spazio concessomi, vorrei cercare di
parlarvi un po’ più approfonditamente del mio lavoro.
Phoenix è nato in una condizione particolare, durante i mesi
di una gravidanza costretta a letto. “E hai scritto un thriller?” Direte voi.
Beh, sì, è un po’ atipico se raffrontato al periodo della gravidanza, chiamato
‘dolce attesa’, in cui si dovrebbe pensare a cose delicate, tranquille e dolci,
ma che devo dirvi? è nato per caso e da subito è vissuto di vita propria.
Spesso mi sentivo addirittura spettatrice più che creatrice, quando mi
svegliavo nel cuore della notte con un’idea, quando nel bel mezzo di qualsiasi
cosa correvo al mio taccuino a riportare stralci di dialoghi, che vedevo
proiettati nella mia mente come in un film.
L’ambientazione è quella della guerra fredda, negli anni
ottanta. Intrighi internazionali, complotti, armi sperimentali, sono le minacce
cui i personaggi si trovano a combattere in questa avventura. I luoghi sono
molteplici: si parte da Washington, sede centrale della CIA, per passare al
gelo dei monti Appalachi, per poi volare in Svizzera, sulle tracce di un agente
del Kgb e infine nella Germania est del regime, dritti nella prigione della
Stasi. Tra torture psicologiche e fisiche, in un continuo muoversi delle scene,
sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Ma senza tralasciare
l’interazione tra i personaggi, vero nodo centrale della storia.
I dialoghi sono la cosa che mi ha divertito di più. I
battibecchi e le liti tra i protagonisti, le incomprensioni, i pensieri
intrecciati di come ognuno di loro vede la stessa realtà, è un qualcosa su cui
ho lavorato molto, ma mi ha dato la maggiore soddisfazione in termini di
riuscita.
Il periodo storico e l’ambientazione geografica mi hanno
fatto invece veramente penare. Ho studiato e studiato, letto tutto quel che mi
capitava a tiro, che fosse correlato: Per la parte geografica ho consultato
mappe satellitari, guide turistiche e scocciato chiunque avesse visitato quei
posti (soprattutto per la parte negli Stati Uniti). Per la prigione della Stasi
ho letto ogni documento, ho studiato la piantina e letto ogni testimonianza di
chi vi è stato imprigionato. Il risultato è abbastanza veritiero seppur intriso
di elementi amplificati o creati da me, adatti ad una storia di fantasia. Ho
infatti deciso di lasciare tutte le informazioni da sfondo. È un romanzo
d’intrattenimento, non volevo rischiare di annoiare il lettore. L’azione e la
storia in sé devono far da padroni, questo è stato il mio motto.
I PROTAGONISTI
Ma veniamo a loro, i protagonisti, Clay Nathan Hobbs e Leila
Lane. La loro personalità è al centro della storia, assieme all’azione, che
senza sosta accompagna tutta la vicenda, che si svolge in un arco di tempo
relativamente breve, un mese circa in tutto. Clay, nome in codice Blue shadow
(e anche qui il doppio nome nasconde un significato che verrà svelato nel
romanzo), è un agente del ramo segreto della CIA, affascinante ed enigmatico,
non mostra agli altri la minima presenza di emozioni. Ma nasconde un passato
doloroso, che lo tormenta nei sogni e viene fuori prepotentemente attraverso
ossessioni e tic che lo caratterizzano. Come quello di mettere tutto in ordine,
catalogato secondo un preciso criterio, che siano le matite in una scrivania o
i bagnoschiuma nella mensola della doccia. È un uomo che vive per il suo
lavoro, che usa le donne come divertimento, pur avendo una relazione fissa da
nove anni, che non ha paura di mettere a rischio la propria vita, forse perché
non ci tiene poi così tanto. È un uomo che inizialmente può suscitare
antipatia, in cui non è semplice identificarsi, ma che piano, piano mostrerà
sfaccettature impreviste del suo essere. Questo soprattutto grazie
all’incontro- scontro con Leila, infermiera, mamma single, nonché informatrice
per la Cia. Leila è una donna allegra, un po’ pasticciona, ma forte e con
l’animo buono e altruista. Cresce suo figlio da sola e anche i due di sua
sorella, che dopo l’ennesimo divorzio si è trasferita da lei, senza la minima
capacità di contribuire alla buona riuscita dell’andamento familiare.
Leila è una donna caparbia, che se la prende facilmente, ma
facilmente perdona. Ha un sogno improbabile: quello di diventare un agente, ha
fatto domanda per il corso di addestramento, ma è stata rifiutata, così per ora
si accontenta di fare l’informatrice. Si trova ad aiutare Clay per caso, ma
subito coglie al volo l’occasione per vivere quell’avventura e lo segue in
Europa, anche se non voluta.
Clay considera Leila un peso, è attratto dalla sua bellezza
ma odia la sua ‘normalità’, inoltre considera il fatto che abbia un figlio un
valico insuperabile persino per una flirt di breve durata. Leila invece pensa
che Clay sia davvero pazzo e ne ha spesso paura, anche se a mano a mano
imparerà a conoscerlo davvero, creando crepe sempre più profonde nel guscio che
lui si è costruito.
A complicare le cose, l’arrivo di Rebecca, eterna compagna
di Clay, agente anche lei, bellissima e sfacciata, accetta il rapporto libero
con Hobbs, ma scoprirà presto cosa significa essere gelosi.
Credo di avervi detto a grandi linee come è stata costruita
la mia storia, aspetto vostre domande. Cercherò di rispondere ad ogni vostra
curiosità.
stralci:
Lunedì 31 Ottobre ore 7:00
La sveglia suonava ormai da molto, Leila la sentiva con
la parte attiva della sua mente, ma un’altra parte di sé continuava a dormire e
sognare avventure entusiasmanti, lunghi baci appassionati, un paio di occhi di
un intenso verde. Scattò seduta all’improvviso, era successo davvero? Era stato
tutto un sogno? Aveva davvero conosciuto un uomo misterioso, bellissimo,
affascinante e… Spia? Si stropicciò gli occhi sorridendo, un sordo dolore alla
nuca le ricordò che era tutto vero, beh quasi tutto: niente baci, avventure
misteriose, solo tanta paura e una bella botta in testa.
Si guardò intorno, non aveva sentito suo figlio alzarsi,
aveva davvero dormito profondamente, la bocca era impastata e sentiva un
saporaccio, i postumi della sua avventura.
Scese dal letto e sentì gridare al piano di sotto:
«Ti ho detto di ridarmelo subito, imbecille!»
«No, no e no!»
«Mmmm, oh no!» mormorò Leila stropicciandosi gli occhi:
“Vita reale! Problemi reali” pensò, erano i ragazzi che litigavano come al
solito.
………………
Buio, Clay fu svegliato dal rumore della sua stessa
tosse, non sapeva se fosse giorno o notte, non che avesse molta importanza,
viste le circostanze, gli doleva tutto, ma era vivo, almeno per ora. Si tastò
le ferite per capire quanto sangue stava perdendo e fu sorpreso di sentire che
il suo corpo aveva delle fasciature, era stato medicato, non avevano intenzione
di lasciarlo morire, per ora.
La testa gli doleva e pulsava, non riusciva a pensare
lucidamente. Aveva perso Vinogradov, di nuovo, questo era certo, se ne fosse
uscito vivo aveva anche tutto questo da mettere in conto al russo, oltre alla
vecchia cicatrice sul braccio. Wallace era morto e quasi certamente anche
Nalvano, quella missione si era trasformata in un vero incubo.
…………………..
Il traffico era pazzesco quella mattina, Leila era
impaziente, stava per arrivare in ritardo per la terza volta quella settimana,
si sarebbe messa nei guai con la caporeparto. Quella strega della signorina
Margaret Terry, un donnone di novanta chili per un metro e ottanta, che metteva
paura solo a guardarla. Leila rabbrividì ricordando come la sua voce la colpiva
sempre alle spalle come una martellata: «Signorina LANE!». Sussultò al solo
pensiero, poi scosse la testa facendo una smorfia, consapevole che l’avrebbe
accolta in quel modo tra qualche minuto.
Cercò parcheggio nell’interrato, ma naturalmente non lo
trovò: pioveva e lei non aveva un posto riservato, si sarebbe bagnata, visto
che aveva anche dimenticato a casa l’ombrello.
Sospirò, parcheggiò nel primo posto libero, lontanissimo,
ovviamente, scese dall’auto e mise il piede in una pozza: «Meraviglioso!»
esclamò. Camminò veloce tenendosi stretto il cappotto sul collo, la pioggia
gelata le sferzava il viso.
Corse agli spogliatoi, aprì il proprio armadietto e urlò
scattando all’indietro e cadendo sulla panca alle sue spalle.
……………………
Leila era stata zitta fino a quel momento, ma la
stanchezza, il freddo e soprattutto la paura, avevano portato la sua pazienza
all’esasperazione: era di umore nero e aveva bisogno di prendersela con qualcuno,
di sfogarsi:
«Grazie tante signor agente segreto dei miei stivali!»
esordì all’improvviso, Clay si girò di scatto a guardare nella sua direzione
senza fermarsi, gli occhi sbarrati in una muta domanda.
«Avevi organizzato tutto alla perfezione eh? Mi hai dato
anche quella stramaledetta botta in testa, che ancora fa male, tra l’altro, e
tutto per niente: mi hanno collegata a te ugualmente, mi hanno rapita! Bella
spia sei, devi essere un agente di bassissimo livello, una vera schiappa.»
........................................
Clay notò una nota di stizza in quell’ultima frase,
fortunatamente in quel momento arrivò un cameriere: un ragazzotto il cui
grembiule e taccuino costituivano la sua unica divisa.
«Cosa prendete da bere?» domandò affabile.
«Una birra rossa doppio malto» chiese Leila.
«Gradiremmo un cabernet sauvignon, un Stag's Leap
Cask 23, possibilmente del 1974. Oh, la cantina è la Stag's Leap Wine
Cellars, non la Stag's Leap Winery. Nome simile, qualità del tutto diversa e mi
raccomando la temperatura di servizio…»
Il cameriere lo fissò ad occhi sgranati, Leila se la rideva
divertita.
«Sta scherzando?» chiese il ragazzo, Clay rimase spiazzato,
il cameriere vedendo che era serio continuò: «Abbiamo solo il vino della casa,
rosso o bianco.»
Clay sembrava tremendamente a disagio, Leila lo trovò
adorabile così vulnerabile, lui poco dopo si riprese e disse:
«Prendo quella che ha preso lei.»
«Ottima decisione, non te ne pentirai» Leila gli sorrise,
lui rispose con un sorriso incerto.
«Non è il genere di posto che frequenti immagino» chiese
Leila.
«No, non lo è, non per divertimento almeno, e mai con una
donna.» Lei non disse nulla, lo fissò divertita sgranocchiando un grissino di
pane.
................................
Leila non sapeva da quante ore fosse lì, aveva perso la cognizione del tempo e la consapevolezza della sua fisicità. Si sentiva galleggiare nel nulla, in quel buio, silenzioso, mare di gomma nera.
Aprirono la porta e lei fu accecata dalla luce che proveniva
dal corridoio, le dissero qualcosa e a lei sembrò strano sentire una voce
umana, ringraziò il cielo constatando che non aveva perso l’udito, doveva
essere un’altra diavoleria in uso in quella gabbia di matti. Provò uno strano
senso di piacere nel contatto umano, anche se con i suoi aguzzini, avrebbe
voluto abbracciare la guardia, ma non aveva più le forze per muoversi, la
trascinarono letteralmente nella stanza degli interrogatori.
La fece sedere, sembrava molto più gentile, o era il suo
desiderio di contatto umano a farlo sembrare tale? Le offrì una tazza di tè
caldo, che lei bevve riconoscente. L’uomo iniziò: «Allora mi vuole dire il suo
vero nome?»
Leila continuava a tacere.
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