stralci:
Lunedì
31 Ottobre ore 7:00
La sveglia suonava ormai da molto,
Leila la sentiva con la parte attiva della sua mente, ma un’altra parte di sé
continuava a dormire e sognare avventure entusiasmanti, lunghi baci
appassionati, un paio di occhi di un intenso verde. Scattò seduta
all’improvviso, era successo davvero? Era stato tutto un sogno? Aveva davvero
conosciuto un uomo misterioso, bellissimo, affascinante e… Spia? Si stropicciò
gli occhi sorridendo, un sordo dolore alla nuca le ricordò che era tutto vero,
beh quasi tutto: niente baci, avventure misteriose, solo tanta paura e una
bella botta in testa.
Si guardò intorno, non aveva
sentito suo figlio alzarsi, aveva davvero dormito profondamente, la bocca era impastata
e sentiva un saporaccio, i postumi della sua avventura.
Scese dal letto e sentì gridare al
piano di sotto:
«Ti ho detto di ridarmelo subito,
imbecille!»
«No, no e no!»
«Mmmm, oh no!» mormorò Leila
stropicciandosi gli occhi: “Vita reale! Problemi reali” pensò, erano i ragazzi
che litigavano come al solito.
………………
Buio, Clay fu svegliato dal rumore della sua stessa tosse,
non sapeva se fosse giorno o notte, non che avesse molta importanza, viste le
circostanze, gli doleva tutto, ma era vivo, almeno per ora. Si tastò le ferite
per capire quanto sangue stava perdendo e fu sorpreso di sentire che il suo
corpo aveva delle fasciature, era stato medicato, non avevano intenzione di
lasciarlo morire, per ora.
La testa gli doleva e pulsava, non riusciva a pensare
lucidamente. Aveva perso Vinogradov, di nuovo, questo era certo, se ne fosse
uscito vivo aveva anche tutto questo da mettere in conto al russo, oltre alla
vecchia cicatrice sul braccio. Wallace era morto e quasi certamente anche
Nalvano, quella missione si era trasformata in un vero incubo.
…………………..
Il traffico era pazzesco quella mattina, Leila era
impaziente, stava per arrivare in ritardo per la terza volta quella settimana,
si sarebbe messa nei guai con la caporeparto. Quella strega della signorina
Margaret Terry, un donnone di novanta chili per un metro e ottanta, che metteva
paura solo a guardarla. Leila rabbrividì ricordando come la sua voce la colpiva
sempre alle spalle come una martellata: «Signorina LANE!». Sussultò al solo pensiero, poi scosse la testa facendo una
smorfia, consapevole che l’avrebbe accolta in quel modo tra qualche minuto.
Cercò parcheggio nell’interrato, ma naturalmente non lo
trovò: pioveva e lei non aveva un posto riservato, si sarebbe bagnata, visto
che aveva anche dimenticato a casa l’ombrello.
Sospirò, parcheggiò nel primo posto libero, lontanissimo,
ovviamente, scese dall’auto e mise il piede in una pozza: «Meraviglioso!» esclamò. Camminò veloce tenendosi
stretto il cappotto sul collo, la pioggia gelata le sferzava il viso.
Corse agli spogliatoi, aprì il proprio armadietto e urlò
scattando all’indietro e cadendo sulla panca alle sue spalle.
……………………
Leila era stata zitta fino a quel momento, ma la stanchezza, il freddo e
soprattutto la paura, avevano portato la sua pazienza all’esasperazione: era di
umore nero e aveva bisogno di prendersela con qualcuno, di sfogarsi:
«Grazie tante signor agente segreto dei miei stivali!» esordì all’improvviso, Clay si girò
di scatto a guardare nella sua direzione senza fermarsi, gli occhi sbarrati in
una muta domanda.
«Avevi organizzato tutto alla perfezione eh? Mi hai dato anche quella
stramaledetta botta in testa, che ancora fa male, tra l’altro, e tutto per
niente: mi hanno collegata a te ugualmente, mi hanno rapita! Bella spia sei,
devi essere un agente di bassissimo livello, una vera schiappa.»
«Una vera schiappa?» chiese
divertito.
Nessun commento:
Posta un commento