sabato 31 gennaio 2015

stralci di phoenix... sempre in lite...




Alla parete riproduzioni e stampe di quadri cubisti, molti erano delle bellissime donne di Marie Laurencin e quelli più astratti di Albert Gleizes. Poche suppellettili provenienti sicuramente da viaggi in tutto il mondo: tre piccole statuette di ebano africane, un buddha di pietra vicino alla dea Kalì e un vaso cinese, Leila si avvicinò e toccò il buddha spostandolo.
«No!»
Sobbalzò rischiando di farlo cadere.
«Scusami» disse spaventata, lui si avvicinò e lo rimise esattamente dov’era.
 «Non toccare niente!» disse arrabbiato. Leila era molto turbata, quell’uomo aveva qualche rotella fuori posto! Cercò di non pensarci, ricordando quel che affermava sempre sua madre, che la sapeva lunga sulle persone: “Ognuno è pazzo a modo suo Leila,” diceva quando la sentiva criticare il comportamento di qualcuno. Era un’insegnante in una scuola pubblica ed aveva visto comportamenti e problematiche di tutti i tipi, imparando a tirar fuori il buono da ogni individuo, senza fermarsi alle apparenze.
«Senti, puoi rimanere qui a casa mia finché tutto non sarà finito, non ti troveranno mai qui» disse lui in tono più conciliante.
«Non ci pensare nemmeno Clay.»
Ancora una volta lui perse la pazienza: «Oh pazza, testarda, insopportabile donna, ora capisco perché tuo marito ti ha lasciata, vuoi prevaricare su tutto!»
Lei divenne livida, era furiosa fino al midollo, come si permetteva? Gli mollò un ceffone in pieno volto.
«Non ti permettere! Non provare a parlare di cose che non conosci, tu non sai chi sono io, non mi conosci, non sai nulla!»
«E neanche ci tengo!» rispose massaggiandosi la guancia, su cui era comparsa, ben visibile, l’impronta delle cinque dita.
«E poi non sono sposata, non lo sono mai stata!» gridò quella spiegazione superflua come fosse la cosa più importante del mondo.

Lui scosse la testa. «Oh, se provi a colpirmi ancora ti restituisco il colpo, sia chiaro!» poi uscì dalla stanza sparendo in camera sua.

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