Titolo Dodici posti dove non volevo andare
Autore: Clara Cerri
Editore: Lettere Animate
Formato: ebook
Prezzo:1,99 €
Genere: Narrativa
Pagine:179 p.
Autore: Clara Cerri
Editore: Lettere Animate
Formato: ebook
Prezzo:1,99 €
Genere: Narrativa
Pagine:179 p.
L’autrice:
Clara Cerri è nata a Roma negli anni ’60. Ha studiato ebraico e lingue orientali antiche, ha scritto articoli e saggi e ha tentato la carriera universitaria ottenendo borse di studio e insegnando come precaria, ma è stata anche traduttrice, socia di un’agenzia di Wedding Planner, addetta al bookshop di una mostra, supplente di storia e filosofia e venditrice senza successo di spazi pubblicitari. Nel 2011 ha seguito un corso di Scrittura creativa finanziato dal Fondo sociale europeo. Ha studiato canto e recitazione e attualmente fa parte di un coro polifonico dedito alla musica rinascimentale e di un gruppo fusion-acustico. Ha al suo attivo diversi racconti pubblicati in antologie e sul web e collabora col blog Cronache Urbane (www.cronacheurbane.it). Dodici posti dove non volevo andare di Lettere Animate è il suo primo romanzo.
Sinossi:
1968, William Denver, giovane cantante americano, si rifugia a Roma per nascondersi da un cocente fallimento. Lì troverà l’amicizia di un maestro di musica rinascimentale. Questa la storia d’avvio e di chiusura di quella che si scoprirà essere una saga familiare. Il primo di tredici racconti che narrano dagli anni ’50 ai giorni nostri, abbracciando tre generazioni, affetti, dolori e passioni, prima tra tutte quella per la musica e per l’arte. E quale migliore scenario della città eterna dove sono ambientate le vicende?
1968, William Denver, giovane cantante americano, si rifugia a Roma per nascondersi da un cocente fallimento. Lì troverà l’amicizia di un maestro di musica rinascimentale. Questa la storia d’avvio e di chiusura di quella che si scoprirà essere una saga familiare. Il primo di tredici racconti che narrano dagli anni ’50 ai giorni nostri, abbracciando tre generazioni, affetti, dolori e passioni, prima tra tutte quella per la musica e per l’arte. E quale migliore scenario della città eterna dove sono ambientate le vicende?
Recensione:
Devo essere sincera, non ho mai letto un libro così particolare, nella struttura intendo: quelli che in apparenza sembrano essere racconti, si rivelano pian piano essere capitoli di uno stesso romanzo, in ordine sparso: l’autrice non segue una linea cronologica o un filo conduttore, almeno io non ne ho trovato. Una tecnica narrativa inusuale e audace. L’autrice sembra aver voluto giocare con il lettore, sfidandolo a seguirla nonostante avesse scombinato le carte in tavola. In un panorama saturo di libri si è certamente saputa distinguere dalla massa.
Il ritmo narrativo è incalzante, l’ironia permea in ogni pagina, facendo spesso sorridere. Una frase tra tutte, che mi è rimasta in mente a mo’ di tormentone, è: “Elisabettaaa!” una sorta di parola d’ordine, una bacchettata virtuale, un modo per riprendere il compagno senza che altri se ne accorgessero. Una via di fuga inventata da un gruppetto di ragazzi scapestrati, che in una Roma estiva e sonnacchiosa decidono di sconfiggere la noia travestendosi da artisti e creando bizzarre opere d’arte da mostrare infilandosi in una mostra d’arte vera. Mi ha fatto davvero ridere di cuore la genuina ironia e la faccia di bronzo caratteristica un po’ dell’età un po’ della caricatura del ‘romano’.
Questo, il secondo, è stato un racconto/capitolo particolarmente gradito e ben riuscito. L’autrice ha saputo descrivere in modo eccelso la spensieratezza degli anni dell’adolescenza, le pazze idee, l’ilarità, il giocare ancora, in modi più sofisticati, ma pur sempre giocare, dei giovani protagonisti.
L’ambientazione di una Roma calda e pigra nelle ore centrali e poi viva verso la frescura serale, l’arte, le fontane i ponti, è resa davvero bene. Sembra di vederli: ragazzi annoiati sul muretto , che improvvisamente inseguono una pazza idea.
Predominante l’so di frasi brevi, che, dove unite all’uso della prima persona presente, creano un ritmo serrato, che tiene sempre sul chi va là il lettore. Le descrizioni sono dirette e crude, senza filtro emotivo apparente. Il tono è distaccato, come se lo stesso protagonista avesse preso il largo dalle proprie emozioni, nonostante gli argomenti tocchino spesso corde delicate. Questa la sensazione generale, che però viene piacevolmente scombinata in alcun capitoli/racconti.
Devo essere sincera, non ho mai letto un libro così particolare, nella struttura intendo: quelli che in apparenza sembrano essere racconti, si rivelano pian piano essere capitoli di uno stesso romanzo, in ordine sparso: l’autrice non segue una linea cronologica o un filo conduttore, almeno io non ne ho trovato. Una tecnica narrativa inusuale e audace. L’autrice sembra aver voluto giocare con il lettore, sfidandolo a seguirla nonostante avesse scombinato le carte in tavola. In un panorama saturo di libri si è certamente saputa distinguere dalla massa.
Il ritmo narrativo è incalzante, l’ironia permea in ogni pagina, facendo spesso sorridere. Una frase tra tutte, che mi è rimasta in mente a mo’ di tormentone, è: “Elisabettaaa!” una sorta di parola d’ordine, una bacchettata virtuale, un modo per riprendere il compagno senza che altri se ne accorgessero. Una via di fuga inventata da un gruppetto di ragazzi scapestrati, che in una Roma estiva e sonnacchiosa decidono di sconfiggere la noia travestendosi da artisti e creando bizzarre opere d’arte da mostrare infilandosi in una mostra d’arte vera. Mi ha fatto davvero ridere di cuore la genuina ironia e la faccia di bronzo caratteristica un po’ dell’età un po’ della caricatura del ‘romano’.
Questo, il secondo, è stato un racconto/capitolo particolarmente gradito e ben riuscito. L’autrice ha saputo descrivere in modo eccelso la spensieratezza degli anni dell’adolescenza, le pazze idee, l’ilarità, il giocare ancora, in modi più sofisticati, ma pur sempre giocare, dei giovani protagonisti.
L’ambientazione di una Roma calda e pigra nelle ore centrali e poi viva verso la frescura serale, l’arte, le fontane i ponti, è resa davvero bene. Sembra di vederli: ragazzi annoiati sul muretto , che improvvisamente inseguono una pazza idea.
Predominante l’so di frasi brevi, che, dove unite all’uso della prima persona presente, creano un ritmo serrato, che tiene sempre sul chi va là il lettore. Le descrizioni sono dirette e crude, senza filtro emotivo apparente. Il tono è distaccato, come se lo stesso protagonista avesse preso il largo dalle proprie emozioni, nonostante gli argomenti tocchino spesso corde delicate. Questa la sensazione generale, che però viene piacevolmente scombinata in alcun capitoli/racconti.
Molto toccanti e indovinati i pensieri della mia protagonista preferita ed alter ego dell’autrice: Clara, che descrive come possa essere vissuto un distacco dagli occhi di un bambino.
Al primo capitolo mi ero fatta un’idea totalmente diversa del libro, un po’ troppo addentro all’ambiente musicale, un po’ troppo rigido, ma è poi sbocciato a mano a mano che mi addentravo nella lettura, coinvolgendomi nelle storie dei vari protagonisti, nelle loro passioni e tormenti.
Il tono a volte scherzoso ed ironico, a volte profondo e malinconico, passa dal linguaggio semplice del parlato quotidiano, al linguaggio metaforico, che mostra, senza saccenza la cultura musicale ed artistico-letteraria dell’autrice.
Il presente è costantemente mescolato al passato attraverso pensieri dei personaggi, non flashback dei pensieri o situazioni, proprio il passato che s’infiltra nel presente, un continuo balletto tra terza e prima persona, sempre al presente, ma che narra il passato.
Al primo capitolo mi ero fatta un’idea totalmente diversa del libro, un po’ troppo addentro all’ambiente musicale, un po’ troppo rigido, ma è poi sbocciato a mano a mano che mi addentravo nella lettura, coinvolgendomi nelle storie dei vari protagonisti, nelle loro passioni e tormenti.
Il tono a volte scherzoso ed ironico, a volte profondo e malinconico, passa dal linguaggio semplice del parlato quotidiano, al linguaggio metaforico, che mostra, senza saccenza la cultura musicale ed artistico-letteraria dell’autrice.
Il presente è costantemente mescolato al passato attraverso pensieri dei personaggi, non flashback dei pensieri o situazioni, proprio il passato che s’infiltra nel presente, un continuo balletto tra terza e prima persona, sempre al presente, ma che narra il passato.
Un intreccio di tecniche narrative particolari, una lettura che mi ha lasciata con la voglia di assaporare altro di questa autrice e… di rileggere il tutto mettendo i capitoli in ordine cronologico, che è quel che farò a breve.
GIUDIZIO COMPLESSIVO:
Un libro particolare, ben scritto, adatto un po’ a tutti, lettura piacevole e scorrevole. Consigliato.
GIUDIZIO COMPLESSIVO:
Un libro particolare, ben scritto, adatto un po’ a tutti, lettura piacevole e scorrevole. Consigliato.
L’INTERVISTA:
Ciao Clara, felice di accoglierti nel nostro blog. Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Ciao, grazie di avermi accolta. Sono, o meglio mi faccio chiamare, Clara Cerri. Ho scritto storie fin da quando so scrivere perché le storie hanno sempre accompagnato la mia vita, sia quelle che leggevo, sia quelle che giravo come un film nella mia testa. Ho scritto anche libri molto seri su argomenti scientifici, ma studiare tanto, come accade un po’ troppo spesso nel mio paese, non mi è servito a nulla. Ma questo non vi faccia credere che conviene farsi operare da un chirurgo che non ha studiato! “Dodici posti dove non volevo andare” è la mia prima opera di narrativa a essere stata pubblicata, grazie a Lettere Animate.
Oltre che autrice come ti definiresti come lettrice? Quali sono i libri che leggi? Che caratteristica devono avere?
Mi piace l’umorismo, mi piace l’horror intelligente, mi piace la fantascienza, mi piace il realismo europeo a cavallo tra ottocento e novecento, mi piacciono i romanzi russi e la letteratura teatrale in generale. Mi piacciono i libri scritti bene e con sincerità. Odio la banalità e la fuffa ma anche il suo contrario, lo scrivere cose che non stanno né in cielo né in terra solo per stupire il lettore. Credo che uno scrittore, anche se è così bravo da inventarsi un mondo tutto suo, deve aiutare a comprendere la vita e il mondo reale, i nostri stati d’animo.
Ora una domanda che ti avranno posto tutti, ma non resisto a non porla: Il romanzo è nato con una sequenza lineare degli eventi e poi ti sei divertita a scombinarli oppure nasce già con i racconti ‘scompigliati’, come mi son divertita a definirli?
Il romanzo è nato con un inizio e una fine, incentrati sulla storia di William Denver, il cantante americano (ispirato a un personaggio vero) che avrebbe fatto parte del sestetto di musica rinascimentale di mio zio Pietro. William è stato il mio “guardiano della soglia” che mi ha permesso di concepire questa saga.
Quest’ordine che hai scelto segue un filo conduttore ben preciso, che ormai sappiamo non essere quello temporale?
I primi tre capitoli avevano una disposizione fissa, gli altri sono stati ‘scombinati’ in base al loro carattere, alternando tra dialoghi e monologhi, oppure tra le storie di Roy e quelle di Clara. L’unico ordine che ho tenuto presente è stato la successione delle generazioni: a quella di Claudio e di William segue quella di Clara e poi quella di Roy. Ma ci sono personaggi come Elisabetta che attraversano tutto l’arco temporale della vicenda.
La musica permea tutta la storia, ci accompagna nei vari racconti, in modo più o meno forte ed evidente, è legato ad una tua passione personale?
Anch’io, come mio padre, canto da contralto, in un coro che si occupa di musica rinascimentale, ma amo molto anche la musica leggera e il jazz. Ho studiato musica per molto tempo e trovo sia una delle più grandi consolazioni dell’animo umano. Assieme all’arte, ovviamente. La musica che ho scoperto in questi ultimi anni ha fatto da colonna sonora alla mia scrittura, ci sono canzoni che d’ora in poi assocerò sempre a un capitolo di questo libro.
Parliamo del personaggio che più mi ha affascinato: il tuo alter ego. Clara, quella Clara del libro che ricorda con frasi che descrivono così bene gli stati d’animo e il modo di vivere le situazioni dei più piccoli, quella Clara sei tu? O solo una piccola parte di te?
Clara bambina è una creatura reinventata, figlia delle domande enormi che ci poniamo quando siamo posti di fronte alle perdite e ai fallimenti della vita. Quando siamo felici tutto sembra ovvio e scontato, è il dolore e la paura che ci fanno riflettere, che ci fanno sentire la presenza del mondo attorno a noi. Clara sente il mondo e si fa domande sul destino, fino ai racconti che la mostrano ormai grande e molto scoraggiata. William voleva racchiudere il mondo nella sua musica e ha fallito. Roy cerca di cogliere quello che vede nella sua arte, per farlo sentire presente in chi guarda.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, forse ci sarebbe ancora da dire su di loro, pensi che il libro possa avere un seguito? Dei racconti che approfondiscano?
Sto scrivendo un romanzo sulla vita di Roy Cerri, che parlerà della sua vita prima e dopo le vicende narrate nei “Dodici posti”. Per ora sono impegnata a immaginarmi la sua adolescenza. Roy è uno dei personaggi del libro cui sono più legata, perché rappresenta quella dedizione cieca e totale a uno scopo che ha caratterizzato tanta parte della mia vita.
Il romanzo è uscito in ebook, cosa pensi della sempre più forte presenza di questa realtà nelle abitudini degli italiani? Pensi che possa coesistere con il libro cartaceo o che le due realtà siano destinate a cozzare?
Siamo in un momento di transizione tra due modi di trasmissione materiale del sapere, della narrazione. In realtà “il libro” è nato come rotolo di papiro o come sequenza di tavolette di argilla e ha superato nei secoli, senza cambiare di troppo la sua essenza, decine di cambiamenti di materiali e di forme. Io mi preoccupo molto più di quello che si potrebbe perdere o guadagnare in questo passaggio, che del profumo della carta o di cosa regaleremo a Natale quando non ci saranno più i tomi di Bruno Vespa da impacchettare. L’idea di poter disporre di tanto sapere a portata di mouse (non parlo tanto degli ebook da acquistare quanto del patrimonio di centinaia di biblioteche che si sta riversando in rete) mi affascina e penso che controbilanci ampiamente molti svantaggi del momento.
Ciao Clara, felice di accoglierti nel nostro blog. Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Ciao, grazie di avermi accolta. Sono, o meglio mi faccio chiamare, Clara Cerri. Ho scritto storie fin da quando so scrivere perché le storie hanno sempre accompagnato la mia vita, sia quelle che leggevo, sia quelle che giravo come un film nella mia testa. Ho scritto anche libri molto seri su argomenti scientifici, ma studiare tanto, come accade un po’ troppo spesso nel mio paese, non mi è servito a nulla. Ma questo non vi faccia credere che conviene farsi operare da un chirurgo che non ha studiato! “Dodici posti dove non volevo andare” è la mia prima opera di narrativa a essere stata pubblicata, grazie a Lettere Animate.
Oltre che autrice come ti definiresti come lettrice? Quali sono i libri che leggi? Che caratteristica devono avere?
Mi piace l’umorismo, mi piace l’horror intelligente, mi piace la fantascienza, mi piace il realismo europeo a cavallo tra ottocento e novecento, mi piacciono i romanzi russi e la letteratura teatrale in generale. Mi piacciono i libri scritti bene e con sincerità. Odio la banalità e la fuffa ma anche il suo contrario, lo scrivere cose che non stanno né in cielo né in terra solo per stupire il lettore. Credo che uno scrittore, anche se è così bravo da inventarsi un mondo tutto suo, deve aiutare a comprendere la vita e il mondo reale, i nostri stati d’animo.
Ora una domanda che ti avranno posto tutti, ma non resisto a non porla: Il romanzo è nato con una sequenza lineare degli eventi e poi ti sei divertita a scombinarli oppure nasce già con i racconti ‘scompigliati’, come mi son divertita a definirli?
Il romanzo è nato con un inizio e una fine, incentrati sulla storia di William Denver, il cantante americano (ispirato a un personaggio vero) che avrebbe fatto parte del sestetto di musica rinascimentale di mio zio Pietro. William è stato il mio “guardiano della soglia” che mi ha permesso di concepire questa saga.
Quest’ordine che hai scelto segue un filo conduttore ben preciso, che ormai sappiamo non essere quello temporale?
I primi tre capitoli avevano una disposizione fissa, gli altri sono stati ‘scombinati’ in base al loro carattere, alternando tra dialoghi e monologhi, oppure tra le storie di Roy e quelle di Clara. L’unico ordine che ho tenuto presente è stato la successione delle generazioni: a quella di Claudio e di William segue quella di Clara e poi quella di Roy. Ma ci sono personaggi come Elisabetta che attraversano tutto l’arco temporale della vicenda.
La musica permea tutta la storia, ci accompagna nei vari racconti, in modo più o meno forte ed evidente, è legato ad una tua passione personale?
Anch’io, come mio padre, canto da contralto, in un coro che si occupa di musica rinascimentale, ma amo molto anche la musica leggera e il jazz. Ho studiato musica per molto tempo e trovo sia una delle più grandi consolazioni dell’animo umano. Assieme all’arte, ovviamente. La musica che ho scoperto in questi ultimi anni ha fatto da colonna sonora alla mia scrittura, ci sono canzoni che d’ora in poi assocerò sempre a un capitolo di questo libro.
Parliamo del personaggio che più mi ha affascinato: il tuo alter ego. Clara, quella Clara del libro che ricorda con frasi che descrivono così bene gli stati d’animo e il modo di vivere le situazioni dei più piccoli, quella Clara sei tu? O solo una piccola parte di te?
Clara bambina è una creatura reinventata, figlia delle domande enormi che ci poniamo quando siamo posti di fronte alle perdite e ai fallimenti della vita. Quando siamo felici tutto sembra ovvio e scontato, è il dolore e la paura che ci fanno riflettere, che ci fanno sentire la presenza del mondo attorno a noi. Clara sente il mondo e si fa domande sul destino, fino ai racconti che la mostrano ormai grande e molto scoraggiata. William voleva racchiudere il mondo nella sua musica e ha fallito. Roy cerca di cogliere quello che vede nella sua arte, per farlo sentire presente in chi guarda.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, forse ci sarebbe ancora da dire su di loro, pensi che il libro possa avere un seguito? Dei racconti che approfondiscano?
Sto scrivendo un romanzo sulla vita di Roy Cerri, che parlerà della sua vita prima e dopo le vicende narrate nei “Dodici posti”. Per ora sono impegnata a immaginarmi la sua adolescenza. Roy è uno dei personaggi del libro cui sono più legata, perché rappresenta quella dedizione cieca e totale a uno scopo che ha caratterizzato tanta parte della mia vita.
Il romanzo è uscito in ebook, cosa pensi della sempre più forte presenza di questa realtà nelle abitudini degli italiani? Pensi che possa coesistere con il libro cartaceo o che le due realtà siano destinate a cozzare?
Siamo in un momento di transizione tra due modi di trasmissione materiale del sapere, della narrazione. In realtà “il libro” è nato come rotolo di papiro o come sequenza di tavolette di argilla e ha superato nei secoli, senza cambiare di troppo la sua essenza, decine di cambiamenti di materiali e di forme. Io mi preoccupo molto più di quello che si potrebbe perdere o guadagnare in questo passaggio, che del profumo della carta o di cosa regaleremo a Natale quando non ci saranno più i tomi di Bruno Vespa da impacchettare. L’idea di poter disporre di tanto sapere a portata di mouse (non parlo tanto degli ebook da acquistare quanto del patrimonio di centinaia di biblioteche che si sta riversando in rete) mi affascina e penso che controbilanci ampiamente molti svantaggi del momento.
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Nata a Bracciano (rm) nel 1977, adoro il mio lavoro di insegnante, ma le mie passioni sono la lettura e la scrittura. Anche un mio racconto è sull'antologia "Storie d'estate” con ND edizioni. Ho scritto un romanzo, che finalmente sta 'uscendo dal cassetto'. I miei racconti interattivi sono su The incipit, mentre il mio blog si chiama 'sogni nel calamaio'.
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